venerdì 21 febbraio 2014

Con parole altrui #6. Thomas Stearn Eliot

Anche a questo scritto ci sono arrivata attraverso un film.
Il film è “La bellezza del somaro”, scenografia della Mazzantini e regia di Castellitto, bellissimo, ben girato, non banale e ricco di spunti interessanti.
In una delle scene uno dei protagonisti legge ad alta voce una parte di questa lunga poesia di Thomas Stearns Eliot, che si intitola Il Canto d’Amore di J. Alfred Prufrock.
La frase che viene ripetuta ci aveva colpito e sia io che il Marito Paziente ne avevamo cercato l’origine.
Io avevo studiato letteratura americana alle superiori, ma tra opere di Eliot il mio libro si era concentrato su “Murder in the Cathedral”, forse citando appena le altre.
Insomma a me il nome “Prufrock” non diceva assolutamente nulla.
Nell’era di google puoi trovare rapidamente ogni cosa e quindi trovammo degli estratti di questa poesia e ci piacquero parecchio.

Poi, poco dopo, tutto sommato, arrivò la notizia che il nostro vivere stava per cambiare, che avremmo fatto un percorso diverso da quello fatto fino a quel momento e che per giunta non lo avremmo intrapreso insieme dall’inizio.
Ed è stato proprio allora, quando le tastiere della fra e del Marito (nostalgico, solo e) Paziente erano a più di 4000 km l’una dall’altra, che entrambi riprendemmo in mano questa poesia.
La fra, attraverso il computer, dedicandola al Marito Paziente attraverso un social e Lui trovando il libro, proprio quel libro tra miliardi di altri, nella saletta ristoro dell’Ambasciata.
A volte le cose fanno veramente giri immensi e strani per arrivare a te.

Quel “ci sarà tempo” ci parlava di nostalgia, di voglia di rivederci, di fiducia in un futuro che Marito Paziente stava già vivendo e che la fra poteva solo immaginare. Ci diceva che la vita non era adesso, che la vita sarebbe stata quel futuro, insieme. Ci faceva sentire meno soli dietro quegli schermi, la sera, lui in una casa vuota e io dopo aver messo i Patati a letto.
Ci parlava di facce da incontrare, di nuove cose da scoprire e con cui confrontarsi, ci parlava di un tempo comune, nostro; ci proponeva una domanda: “posso osare?”, che poi era quella che silenziosamente ci facevamo da mesi.
È bello quando uno scritto riesce a dare voce non ai fatti ma ai turbamenti, alle domande, alle speranze, alle inquietudini.
Nella Tana, Prufrock è stato questo ed oggi, ancora, due anni dopo, mantiene la stessa bellezza, la stessa empatia; ci ripropone domande di cui abbiamo imparato ad accettare l’inarrivabilità delle risposte, ci presenta speranze e un futuro, ancora, insieme.

Io ve ne propongo solo un estratto, quello per noi più significativo, ma vi suggerisco di leggerla tutta perché è bellissima!
La traduzione dall’inglese che ho io è di Roberto Sanesi, per il testo originale vi lascio alla ricerca personale ;-)

Canto d’Amore di J. Alfred Prufrock – Thomas Stearn Eliot

E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tea col pane abbrustolito.

[…]

E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere,
«Posso osare?» e, «Posso osare?»
Tempo di volgere il capo e scendere la scala
[…]



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