lunedì 16 marzo 2015

Lo scorrere del tempo



Siamo piano piano usciti dall’Harmattan. Quest’anno è stato pesantissimo e ha lasciato strascichi di germi e malesseri più o meno ovunque. Ce li siamo portati anche in Italia.

L’ultimo anno di Harmattan.
In questa Tana ci si chiede come sarà affrontare di nuovo l’inverno. La pelle che trema e si increspa.
Come sarà vedere di nuovo cambiare le stagioni, seguire i cicli vitali delle cose come siamo stati abituati a vederli.
Mangiare frutta diversa in diversi periodi dell’anno. Dare un senso temporale al lavoro, alla festa, alla vacanza.

Abbiamo ancora l’albero di Natale che troneggia in soggiorno, a ricordarci quanto il Natale africano sia un Natale solo per tempistica: potrebbe esserci un Natale ad aprile o a settembre e sarebbe esattamente uguale. Ci piacciono le luci, ci piace aggrapparci a qualcosa che non appartiene a questo posto del mondo e lo lasceremo lì ancora un altro po’.
Abbiamo la borsa coi costumi sempre in macchina.
Abbiamo solo cose con le maniche corte. In tutti i nostri armadi ci saranno quattro giacchetti, a dir tanto. Le coperte di quando viene la febbre. Gli eventi eccezionali.

Ci manca lo scorrere del tempo, siamo stati troppo poco qui, nell’economia della nostra vita, per aver assorbito quello locale e rimaniamo sempre un po’ sospesi con calendari che avanzano e giorni che rimangono uguali.
Passano i mesi e il panorama rimane sempre uguale a se stesso, con le uniche interruzioni dell’Harmattan e della stagione delle piogge. Che sono due periodi atroci: il primo porta malattie, la seconda devasta la città. Ma sono cambiamenti. Segni che la terra si muove anche qui. Che ci si può evolvere, che un bruco potrà diventare farfalla. Si vive anche di questo.

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