martedì 1 aprile 2014

Essere mamme, oggi, in Africa



È uscito il report STATE OF THE WORLD’S MOTHER, a cura della celeberrima associazione Save the Children.

In pratica è una fotografia, riferita all’anno passato, della qualità dell’esperienza “maternità” nel mondo.
Qual è il posto migliore e quale il peggiore, per essere madri?

Nei primissimi posti della classifica, non stupisce orami più nessuno, ci sono i Paesi del Nord Europa.
Agli ultimi, ed era abbastanza ovvio, troviamo 10 paesi africani, praticamente tutta l’Africa Sub-Sahariana, nella fattispecie la Costa d’Avorio è il primo degli ultimi dieci (e olè!)

Il documento redatto da STC analizza la mortalità delle donne durante la gravidanza, dei bambini durante il primo giorno di vita relazionando il tutto anche attraverso gli investimenti che vengono fatti nell’ambito della salute, della nutrizione e dell’informazione.

La mortalità infantile, in Africa, è ancora elevata.
Psicologicamente molti genitori non si affezionano ai figli, sono pronti a vedere la loro morte precoce come un evento possibile, quando addirittura non probabile.

Ci sono, certamente, fattori igienici che influiscono, e non poco. L’acqua non potabile, gli animali malati, la mancanza di frigoriferi per conservare le cose.
La bimba della bonne di una coppia di nostri amici è stata malissimo perché la madre le aveva dato da bere un latte comprato per strada, che chissà da quanto stava sotto il sole. Manca un’istruzione sanitaria di base, è evidente.

Ci sono anche fattori socio-culturali: grandissima parte della popolazione, quella che vive nei villaggi o che pur vivendo in città ha una bassa estrazione e scarse possibilità, non vede il periodo della gravidanza come un momento in cui la figura della donna vada tutelata.
Qui in Costa d’Avorio capita di vedere donne incinte sotto al sole equatoriale a far la fila per qualcosa e nessuno le fa passare, o donne che lavorano e portano carichi pesanti anche a gravidanza avanzata.

Spesso, oltre ad una mancanza concreta e purtroppo assolutamente reale di mezzi, ci sono anche ulteriori aggravanti culturali. La fascia più bassa della popolazione si fida ancora della medicina locale e dello stregone, più che del medico, con le conseguenze che immaginiamo. Molte donne si rifiutano di vaccinare i figli, nei villaggi.

Che una donna europea si avvalga del diritto a non vaccinare i suoi figli in un posto con uno standard delle condizioni di vita molto alto e malattie ormai tenute sotto controllo e sfruttando l’”immunità di gregge” delle vaccinazioni altrui, posso anche capirlo (io sono comunque una di quelle pro-vaccini).
Che una donna africana, che vive a ridosso di una palude e dorme in una capanna in mezzo al nulla, in zone dove sono ancora endemiche malattie tipo polio, tifo e colera, rifiuti i vaccini lo capisco molto molto meno. E mi fa anche rabbia.

So che ci sono molte campagne di sensibilizzazione, ma è purtroppo ancora radicato lo scetticismo nei confronti della medicina e il risultato è che molti bambini sfuggono alle vaccinazioni, e molte donne incinte, col fisico debilitato dalla gravidanza, dal caldo, dal lavoro, sono spesso soggette ad ammalarsi più facilmente, con conseguente alta probabilità di morte sia della mamma che del bambino.

A peggiorare la situazione, già di per sé abbastanza grave, c’è la grande percentuale di sieropositività nel continente. L’Africa in generale è un luogo in cui la promiscuità fa parte della base culturale e le malattie sessualmente trasmesse sono ovviamente molto diffuse. L’immunodepressione, in donne incinte debilitate da malnutrizione, cattive condizioni igienico sanitarie e clima difficile ha esiti decisamente infausti per la mamma e per il suo bambino.

Ovviamente la cosa su cui è più facile intervenire sono le condizioni igieniche e in questo, il governo attuale, in Costa d’Avorio, si sta dando da fare, costruendo fogne (alcune zone della città non ne erano dotate, andava tutto a dispersione) e infrastrutture che migliorino le condizioni generali di vita del cittadino, creando anche posti di lavoro.

La barriera più grande da superare resta comunque quella culturale.
In Africa serve informazione.
Nelle scuole, solo in quelle di un certo livello ancora, purtroppo, si parla di malattie e di condizioni igieniche, mi pare un buon inizio.

In Africa bisogna insegnare il rispetto di se stessi e la consequenzialità di scelte e decisioni, non è facile e non è affatto poco. Qualcosa pare si stia muovendo, speriamo in fretta!

2 commenti:

  1. Come sempre, un interessantissimo post, cose troppo spesso ignorate e trascurate anche da chi giudica senza conoscere...
    Per questo e per tanti altri bellissimi post, ho deciso di premiarti con un piccolo dono...se vorrai, potrai ritirarlo da me ^_^

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    1. In realtà sembra quasi banale dire certe cose, perché gli elementi per capirle li abbiamo anche stando a casa nostra, solo che quando le cose le vedi e le puoi toccare, colpiscono parti diverse della mente e del cuore...
      Grazie mille, volo da te!

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